名称:CIP DI VARESE
地址:Via Zucchi, 3/5 - 21100 Varese
性质:政府办的学校。
其它:可以在此注册考意大利语言证书。CILS(SINA大学证书)
其它说明:办理长期居留的语言考试也在这个学校。
网址(请点击)。
B,IN ITALIA
意大利国家电视台RAI外国人意大利教学节目80讲。
http://www.initalia.rai.it/default.asp
C,电子教材
有很多种语言教材的电子版本。有如下学习资料,如有需要可以电子邮件联系。非免费。
D,分级阅读类,带有MP3录音。
有如下学习资料,如有需要可以电子邮件联系。因为大部分都是购买的,所以非免费。
黑猫出版社系列:
Giallo al grande hotel du lac
La casa sulla scogliera
Storia d'amore
Amore e cinema
Scoprire l`italia con una caccia al tesoro
Il viaggio di laurent
La fuga di bach
Rose rosse per il commissario
Mistero all`abbazia
Viaggio venezia
I promessi sposi
阿拉玛出版社系列
Dov'è Yukio
Radio Lina
il signora Rigoni
Pasta per due
Fantasmi
Maschere a Venezia
Amore in Paradiso
La partita
Mafia, amore e polizia
Modelle, pistole e mozzarelle
l'ultimo caravaggio
Mediterranea
Opera!
Piccole storie d'amore
Dolce vità
Un'altra vità
语言出版社系列
Traffico in centro
Mistero in Via dei Tulipani
Dieci Racconti (ed. aggiornata)
Un giorno diverso
Il manoscritto di Giotto
Lo straniero
Undici Racconti (ed. aggiornata)
Italo Calvino
Il Sosia
霍伊皮出版色系列
Generazione Y
Omicidio nel castello
Pinocchio, il gatto e la volpe
Leonardo da Vinci
I promessi sposi. la minaccia di Don Rodrigo
E, (Libro) IL TEMPO CHE VORREI
2009,Da Fabio Volo,Milano, Mondadori
Sono figlio di un padre mai nato. l’ho capito osservando la
sua vita. Da che ho memoria non ricordo di aver mai visto il poacere nei suoi
occhi: poche soddisfazzioni, forse nessuna gioia.
Questo mi ha semore impedito di godere pienamente della mia,
di vita. Come può infatti un figlio vivere la propria se il padre non ha
vissuto la sua? Qualcuno ci riesce, ma è comunque faticoso. È un’officina di
sensi di colpa che lavora a pino ritmo.
Mio padre ha sessantsette anni, è magro e ha i capelli
grigi. È sempre stato un uomo pieno di forza, un lavoratore. Ora però è
affaticato, stanco, invecchiato. È stato deluso dalla vita. Così deluso che
quando ne parla spesso si ripete. Vederlo in questa condizione scatena in me un
forte senso di protezione. Mi intenerisce, mi dispiace, vorri fare qualcosa per
lui, vorrei aiutarlo in qualche modo. E mi sento male perché mi sembra di non
fare mai abbastanza, di non essere mai abbastanza.
Spesso, soprattutto negli ultimi anni, lo osservo di
nascosto. Lo guardo con attenzione e solitamente finisce che mi commuvuovo
senza una ragione valida; se non per quel groviglio interiore che provo da
sempre e che mi tiene legato a lui.
Abbiamo avuto una relazione difficile e il nostro è quel
tipo di amore che solamente chi ha avuto il coraggio di odiarsi può conoscere. Quell’amore
vero, guadagnato, sudato, cercato, lottato.
Per imparare ad amarlo ho dovuto fare il giro del mondo. E
più mi allontanavo da lui, più in realtà mi stavo avvicinado. Il mondo è tondo.
C’è stato un lungo periodo in cui non ci siamo parlati. E
non parlare con un genitore significa avere ginocchia fragili, signofica aver
bisogno all’improvviso di sedersi un attimo. Non perché ti fa male lo stomaco.
Mio padre è sempre stato il mio mal di pancia. Per questo ho iniziato ad amarlo
veramente solo dopo che sono riuscito a vomitare tutta la mia rabbia, il mio
odio e il mio dolore, visto che molte di queste sensazioni portavano il suo
nome.
Quand’ero piccolo volevo giocare con lui, però il suo lavoro
lo portava sempre via. Lo ricordo soprattutto in due situazioni: mentre si
preparava per andare a lavorare o metre riposava stravolto dal lavoro. In ogni
casa dovevo aspettare: io per lui arrivavo sempre dopo.
Mio padre mi è sempre sfuggito, e ancora oggi è cosi. Prima
me lo portava via il lavoro, ora pian piano me lo sta portando via il tempo, un
avversario con cui non posso misurarmi, con cui non posso competere. Per
questo, ora , vivo la stessa sensazione di importenza che provavo da bambino.
Soprattutto negli ultimi anni, ogni volta che lo vedeo mi
accorgo che è sempre piu vecchio, e lentamente, giorno dopo giorno, sento che
mi scivola via dalle mani. E ormai non mi resta che stringere forte la punta
delle sue ditta.
All’età di trentasette anni, guardando quest’uomo mai nato,
mi viene in mente la frase che Marlon Brando aveva appesa in camera: “non stai
vivendo se non sai di vivere”. Ancora oggi mi chiedo cosa posso fare per lui.
Anche se adesso lo vedo fragile, indifeso, invecchiato, anche se ormai sembro
piu forte di me. Lo è sempre stato. Perché a lui basta una parola per farmi
male. Anzi, anche meno: una parola non detta, un silenzio, una pausa. Uno
sguardo rivolto altrove. Io posso sbraitare e dimenarmi per pre, passare alle
ingiurie, mentre a lui per stendermi basta una piccola smorfia, fatta con un
angolo del labbro.
Se nalla vita da adulto lui è stao il mio mal di pancia, da
bambino er il mio torcicollo. Perché facevo sempre tutto con la testa rivolta
verso di lui, verso un suo sguardo, una sua parola, una semplice risposta. Ma
la sua reazione era sbrigativa: una spettinata breve di capelli, un pizzicotto
sulla guancia, il disegno che avevo fatto per lui appoggiato velocemente sulla
credenza. Non poteva darmi nulla di più perché non solo mio padre non si è mai
reso conto dei miei dolori, delle mie necessità e dei miei desideri, ma non si
è mai reso conto nemmeno dei suoi. Non è mai stato abituato a esprimere i
sentimenti, a prenderli in considerazione. Per questo dico che non ha mai
visuto veramente. Perche si è fatto da parte.
Forse per questo motivo anch’io stupodamente non l’ho mai
visto cone una persona che potesse avere dei desideri, delle paure, dei sogni.
Anzi, sono cresciuto senza pensare che fosse una persona. Era semplicemente mio
padre, come se una cosa escludesse l’altra. Solo diventando grande e
dimenticandomi per un istante di essere suo figlio ho capito com’è realmente, e
l’ho conosciuto. Avrei voluto essere grande da piccolo per parlare con lui da uomo
a uomo, cosi magari avremmo potuto una soluzione ai nostri problemi, una rotta
diversa da percorrere insieme. Invece,adesso che ho capito molto cose di lui,
ho la snesazioni di essre arrivato tardi. Di avere poco tempo.
Ora, mantre lo osservo, ho la piena certezza di sapere cose
di mio padre che nemmeno lui sospetta. Ho imparato a vedere e a capire ciò in
grado di tirare fuori.
A quest0uomo per anni ho chiesto amore in maniera sbagliata.
Ho cercato in lui quello che non c’era. Non vedevo, non capivo, e adesso un po’
me ne vergogno. L’amore che mi dava era nascosto nei suoi sacrifici, nelle
privazioni, nelle infinite ore di lavoro e nella scelta di caricarsi di tutte
le responsabilità. A guardare bene non era nemmeno una scelta, forse quella era
la vita che tutti avevano fatto prima di lui. Mio padre è figlio di una
generazione che ha ricevuto insegnamenti chiari ed essenziali: sposarsi, fare
figlii, lavorare per la famiglia. Non c’erano argomenti diversi su cui
interrogarsi, solo ruoli prestabiliti. È come se si fosse sposato e avesse
fatto un figlio senza averlo mai desiderato veramente. Sono figlio di un uomo
che è stao chiamato dalla vita alle armi, per conbattere una guerra privata:
non per salvare un paese ma per salvare la sua famiglia. Una guerra fatta non
per vincere, ma per pareggiare i conti, per sopravviere. Per tirare avanti.
Amo mio padre. Lo amo con tutto me stesso. Amo quest’uomo
che quando ero piccolo non sapeva mai quanti anni avevo.
In quest’uomo che ancora oggi non riesce ad abbracciami, che
ancora oggi non riesce a dirmi: “ti voglio bene”.
In questo siamo uguali. Ho imparato da lui. Nemmeno io
riesco a farlo.